CFO temporary manager, la figura con il “destino segnato”: diventare il pilota della nave

Di Michele Dell’Orfano, head of operational consulting di Vertus

Da uno studio dei servizi alle imprese di Vertus emerge che oltre il 25% dei progetti di temporary management riguarda il chief financial officer (CFO); seguono: direttore generale, operation e quality managers.

L’analisi evidenzia perché oggi sempre più CFO arrivano a ricoprire ruoli di top manager all’interno delle aziende. Come un timoniere esperto che ha costruito la sua esperienza nel guidare grandi e piccole navi attraverso le impervie acque dei 7 mari, così il temporary manager CFO si immerge nella realtà aziendale assumendo un ruolo di guida e orientamento: è in grado di interpretare le esigenze e le visioni della proprietà, dell’imprenditore, e di trasformarle in azioni concrete e strategiche con l’obiettivo di migliorare l’efficienza operativa, la stabilità finanziaria e la crescita dell’azienda.

Di seguito alcuni degli elementi che rendono questa figura così interessante per gli imprenditori:

Esperienza finanziaria

Questi professionisti acquisiscono una vasta esperienza nel campo finanziario e nella gestione delle risorse economiche delle aziende. Questa competenza è estremamente preziosa per le piccole società che spesso hanno limitate risorse e necessitano di una gestione finanziaria accurata.

Competenze di gestione generale

I migliori sviluppano competenze in aree di gestione aziendale come: operazioni, risorse umane, vendite e marketing. La comprensione e, a seguire, la conoscenza di questi aspetti li rende candidati ideali per assumere ruoli di leadership generale.

Flessibilità e adattabilità

Sono abituati a lavorare in ambienti dinamici e ad affrontare sfide aziendali complesse. Questa esperienza li rende agili e in grado di adattarsi rapidamente a nuovi contesti e situazioni impreviste. La capacità di adattamento è particolarmente importante nelle piccole società dove le risorse sono limitate e la flessibilità è una chiave essenziale per il successo.

Approccio strategico

Sono spesso chiamati a risolvere problemi finanziari e a sviluppare strategie per migliorare la salute dell’azienda. Questo approccio orientato ai risultati può essere esteso anche alla gestione generale dell’azienda, aiutando ad identificare opportunità di crescita e a prendere decisioni basate su dati e non su bias cognitivi.

Networking e reputazione

Lavorano con diverse aziende e hanno la possibilità di creare un ampio network di contatti professionali. Questo network può essere vantaggioso quando si cercano soluzioni creative a problemi complessi.

Quindi ogni CFO è un leader naturale? Come ho avuto occasione di raccontare recentemente all’evento di Fabbrica Futuro a Brescia, purtroppo no.

Con un gioco di parole, in Vertus, diciamo: “Ogni temporary è un manager ma non tutti i manager possono essere temporary manager”. E’ una figura professionale caratterizzata dal “fare – agire”; ha carattere operativo, ha un’ampia visione d’insieme e possiede conoscenze specifiche del funzionamento delle aziende e delle loro dinamiche evolutive, ma non tutti i manager sono in grado di fare i piloti della nave.

Arriviamo al nostro ruolo nel processo che porta al successo di questo genere di iniziative. Vertus approccia ogni progetto come un puzzle ingegneristico. Va assemblato con metodo ed attenzione; ogni tassello ha la sua collocazione naturale. La nostra esperienza ci porta con facilità ai manager più in gamba perché negli anni siamo riusciti a costruirci un network di eccellenze (DataWorkNET), ma è solo grazie al nostro metodo che arriviamo a identificare i migliori mix manager-progetto.

La formula? E’ un segreto, ma gli ingredienti sono semplici: tanta conoscenza delle dinamiche della selezione, un pizzico di Hogan e di creatività e, mettendo insieme il nostro network, oltre 40 anni di esperienza di campo tra progetti di ingegneria, qualità, finanza e HR.

Perché l’Outplacement è scarsamente utilizzato in Italia?

Di Sergio Pandolfi, general manager

Un’analisi condotta da Aiso, Associazione Italiana delle Società di Outplacement, di cui Vertus è membro attivo, conferma che i tempi medi di ricollocazione di lavoratori che si avvalgono di un percorso di supporto di carriera (Outplacement) è di circa il 50% inferiore a quello di chi si muove autonomamente nella ricerca. Diventa dunque decisivo, nel percorso di reinserimento nel mercato del lavoro, appoggiarsi a operatori specializzati che consentano al candidato di affrontare nel modo migliore questo importante snodo. L’Outplacement è tra i più potenti strumenti di politica attiva a disposizione delle imprese per mitigare gli effetti di momenti di crisi o di fine tuning organizzativo nel segno della sostenibilità sociale. Il supporto alla ricollocazione mira innanzitutto ad aiutare la persona a costruire un obiettivo professionale coerente con le proprie migliori attitudini, in secondo luogo ad affiancare il candidato nel definire e potenziare le proprie aree di miglioramento, ancora ad aiutarlo nella messa a punto di efficaci strumenti di comunicazione, per potersi presentare in maniera ottimale ai nuovi potenziali datori di lavoro, anche attraverso l’attivazione di efficaci modelli di autocandidatura.

Nonostante sia del tutto evidente l’utilità del supporto alla ricollocazione, in Italia l’Outplacement è uno strumento ancora largamente sottoutilizzato. Da una parte non esiste una normativa che obblighi le aziende ad attivarlo in caso di risoluzione non consensuale del rapporto di lavoro, dall’altra si riscontra una certa avversione, anche a livello di organizzazioni sindacali e datoriali, verso uno strumento di cui si vede solo l’impatto in termini di costo diretto per l’azienda o di minore buonuscita per il lavoratore, perdendone totalmente di vista il valore morale e sociale.

Fintanto che il pubblico, prendendo atto della evidente inefficacia dei centri per l’impiego, non prenderà coscienza della necessità di regolare in modo diretto e non derogabile tale fattispecie, avvalendosi di professionalità davvero in grado di dare un aiuto effettivo a chi si trova a perdere il lavoro, l’Italia si troverà in ritardo rispetto ai nostri partner europei, scontando un mercato del lavoro meno efficiente e più ingessato. Ricollocare prima le persone significa inoltre risparmiare risorse pubbliche (ad esempio la Naspi). Lo strumento dell’Outplacement, infatti, rappresenta una delle armi più efficaci nella lotta alla disoccupazione.

Le opportunità legate a Transizione 4.0: i crediti d’imposta

Di Christian Senatore, senior business developer – finanza agevolata

Con il termine Transizione 4.0 si vuole definire il processo di trasformazione, in particolar modo digitale, che le imprese sono chiamate a compiere affinché possano essere più competitive non solo sul mercato italiano, ma anche e soprattutto sul mercato mondiale. La tecnologia si sta rivelando un importante e valido alleato delle imprese in questo processo di transizione.

Questo processo di trasformazione e di innovazione richiede, tuttavia, una serie di sforzi non indifferenti alle imprese, soprattutto dal punto di vista economico, strategico e di sviluppo di nuove competenze legate a nuovi processi produttivi e alla nascita di nuove aree di business. A tal proposito il Governo italiano ha messo a punto, sin dal 2017, una serie di incentivi al fine di sostenere questa trasformazione digitale, ovvero la Transizione 4.0. Nato come Piano Industria 4.0, poi ribattezzato Prima Impresa 4.0, e infine, dal 2020, Piano Transizione 4.0.

In tal senso sono state deliberate una serie di opportunità sotto forma di crediti d’imposta, affinché le imprese possano essere supportate nei loro investimenti, che incentivano le spese in: beni strumentali, materiali 4.0, beni strumentali immateriali 4.0, ricerca e sviluppo, innovazione e design. Infine, le spese riguardano anche la Formazione 4.0, agevolabile fino al 2022, in attesa di decisioni governative.

Tramite il credito d’imposta Formazione 4.0, il Governo cerca di stimolare gli investimenti nella formazione riguardo alle materie legate alla tecnologia, rilevante per la trasformazione tecnologica e digitale delle aziende. Questo strumento si rivolge quindi a tutte le aziende che vogliano investire nella Formazione 4.0 indipendentemente dalla natura giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione, dal regime contabile e dal sistema di determinazione del reddito ai fini fiscali.

Riguardo al credito d’imposta, nell’ambito del settore ricerca e sviluppo, secondo l’Istat, questo strumento risulta in generale meno efficace nei confronti delle imprese neo-costituite e di piccole dimensioni, le quali hanno tendenzialmente bilanci in passivo, ed è poco adatto a sostenere grandi programmi di investimento ad alta complessità e incertezza. Per quanto concerne la distribuzione per intensità tecnologica, negli ultimi anni, il credito d’imposta nella ricerca e sviluppo ha coinvolto soprattutto: le imprese manifatturiere che appartengono alla classe bassa e medio-bassa, le imprese di servizi a bassa intensità di conoscenza, ma anche quelle di servizi ad alta intensità di conoscenza con percentuali più basse.

L’aspetto economico è ciò che incentiva ed ha incentivato maggiormente le imprese nel sostenere questo processo di Transizione 4.0, ma non bisogna tralasciare i vantaggi che di riflesso le imprese hanno avuto nel trasformare, digitalizzare e innovare il proprio business. Tra questi vantaggi rientrano soprattutto: la maggiore produttività, la maggiore efficienza dei processi, maggiore qualità con conseguente riduzione degli scarti di produzione, la riduzione dei fermi macchina, la miglior risposta alle esigenze del mercato e, infine, maggiore sostenibilità.

Non si trovano ingegneri meccatronici ed energetici, progettisti, specialisti in cyber sicurezza e programmatori

Le aziende cercano profili altamente qualificati ma, in molti casi, faticano a trovarli perché mancano le competenze adatte. Ingegneri meccatronici ed energetici, progettisti di sistemi informatici, specialisti in cyber sicurezza, programmatori e business developer: sono questi i talenti di cui si continua a registrare la carenza per coprire le posizioni vacanti. Lo rivela un’analisi di Vertus, gruppo italiano di società di consulenza con servizi integrati a supporto della trasformazione di aziende, persone e processi.

L’indagine evidenzia come molte aziende siano disposte ad offrire, anche in ingresso, stipendi più elevati della media e contratti a tempo indeterminato. Ciononostante, è spesso complicato attrarre il giusto mix di competenze. Un esempio: si stanno investendo sempre più risorse nella cyber sicurezza e le aziende sono alla ricerca di professionisti altamente qualificati che possano aiutarle a prevenire attacchi dal web. Si tratta di profili con una professionalità composita e in costante evoluzione, difficili da reperire sul mercato.

Dopo oltre due anni caratterizzati dall’emergenza sanitaria ed economica, si iniziano peraltro a vedere segnali di ripresa e, in alcuni settori, per esempio quello tecnologico, l’offerta di lavoro addirittura supera la domanda.

Dallo studio di Vertus emerge, inoltre, che alcuni dei macro-trend osservati a partire dalla metà dell’anno precedente stanno registrando conferme anche per il 2023. Le opportunità lavorative si concentrano, in particolare, su tre verticali: IT, Engineering e Sales.

“Il mercato del lavoro, già in fermento da almeno una decade al traino della rivoluzione digitale, è sotto il tiro di trasformazioni sempre più repentine e disruptive, con accelerazioni evidenti post pandemia”, spiega Marco Filippo Martinengo, Head of HR Solutions di Vertus.

“La workforce manifesta tutti i propri timori verso il cambiamento ed una sostanziale imprevedibilità dei comportamenti, alternando fasi di elevata attenzione all’offerta di lavoro e altre di ristagnamento o resistenza. Certo è che, se un’azienda non è in grado di offrire oggi progettualità di carriera che mettano al centro anche i needs e le aspettative di autorealizzazione delle persone, tenendo in ampia considerazione il bisogno crescente di essere orientate verso il futuro, i suoi candidati valuteranno con più facilità e frequenza di cercare prospettive altrove. Evidente il trend nelle fasce più giovani di popolazione – al centro del talent shortage e della cosiddetta great resignation del 2021 e 2022 – ma non solo: la tensione al miglioramento e la voglia di cambiamento paiono, oggi più che in passato, questioni d’impatto cross-generazionale. Al netto della seniority, saranno comunque senza dubbio i lavoratori più qualificati ad avere maggiori opportunità di crescita professionale”, continua l’Head of HR Solutions di Vertus.

200 milioni di euro per favorire la riconversione industriale tramite la ricerca e lo sviluppo nell’ambito dell’economia circolare

Oltre 200 milioni di euro per favorire la riconversione industriale tramite la ricerca e lo sviluppo nell’ambito dell’economia circolare.

Il decreto del Mise dello scorso 5 agosto (Progetti di R&S economia circolare) ha stabilito i termini per l’attuazione della misura del Decreto Crescita volta a finanziare ricerche e sperimentazioni che traducano i principi della circolarità produttiva in occasioni di rilancio.

Le richieste di agevolazioni potranno essere presentate dal 5 novembre 2020.

Mantenere in uso le risorse il più a lungo possibile, progettare un prodotto perché abbia più cicli di vita, è un sistema virtuoso con benefici effetti sull’ambiente, importanti risparmi per le aziende e la creazione di nuovi posti di lavoro.

“In Vertus – racconta Maria Elena Brockhaus – basandoci anche sull’esperienza di advisory nei percorsi di reindustrializzazione, siamo convinti che l’economia circolare sia la corretta chiave di lettura per molti degli sviluppi futuri.

L’auspicio è che anche l’utilizzo in Italia delle risorse del Recovery Fund punti ad incrementare e diffondere questo modo di concepire lavoro e produzione nel segno della sostenibilità”.

Riprogettare i propri business con il cambiamento, l‘efficienza e la sostenibilità

Le nuove tecnologie e i modelli di occupazione in evoluzione hanno stravolto il lavoro come lo conoscevamo.

In piena quarta rivoluzione industriale, le ricadute che le nuove tecnologie avranno sull’industria possono rappresentare interessanti opportunità per il futuro, sia per i singoli lavoratori che per i manager di ogni comparto industriale. Le nuove possibilità date dall’automazione dei processi e dall’interconnessione fra industrie diverse stanno richiamando l’attenzione degli executives delle aziende, sempre più impegnati nell’adeguare le governance alle tante opportunità di sviluppo derivanti dall’Industria 4.0.

Velocità, cambiamento, efficienza e sostenibilità: key concepts nel turnaround aziendale

Velocità, cambiamento, efficienza e sostenibilità sono i concetti chiave su cui imprenditori e manager dovranno concentrarsi nel ripensare la propria azienda, anche in fase di turnaround aziendale. Chi saprà anticipare i tempi, con scelte strategiche basate sull’introduzione di nuove tecnologie e lavorando sulla formazione per il reskilling del personale, potrà godere di grandi opportunità di crescita in un contesto economico in rapida evoluzione come quello attuale. Per svilupparsi, molte aziende saranno chiamate a riprogettare il loro business, orientandosi ad una logica di cambiamento sostenibile che passa dai seguenti step:

  • Definire una road map della trasformazione;
  • Analizzare i business più disruptive, destinati a definire le nuove modalità in cui l’azienda dovrà competere;
  • Passare al vaglio le necessarie infrastrutture di supporto;
  • Verificare la fattibilità dei nuovi business rispetto alle architetture esistenti;
  • Parametrare i criteri di sicurezza adeguandoli alla tipologia di sviluppo per garantire la massima qualità alla continuità del business.

La tecnologia ha trasformato le professioni e le trasformerà sempre di più. Grandi realtà hanno insegnato alle aziende che digitalizzazione e creatività consentono di immettere sul mercato nuovi servizi ad alto tasso di sviluppo. L’automazione e l’intelligenza artificiale dovrebbero avvantaggiare le aziende, i loro clienti e la loro forza lavoro. Non servono, però, soltanto delle idee vincenti di business ma anche delle infrastrutture capaci di supportare l’offerta. Si tratta di una sfida in cui la scelta delle nuove tecnologie, valutando il rapporto tra costi e benefici in termini di innovazione, diventa così un elemento strategico nello sviluppo industriale.

Quando l’azienda non è più in grado di competere e decide in tempo utile di abbandonare il campo, per salvaguardare l’occupazione e la vita degli stabilimenti, diventa necessario ripensare i business ed i processi industriali, elaborandone di nuovi e più efficaci, attraverso un piano di reindustrializzazione.