Innovazione tecnologica e competenze digitali

Innovazione vuol dire anche formazione. Nell’attuale mondo del lavoro, le prospettive più favorevoli sono quelle per i lavoratori che hanno le conoscenze per gestire l’automazione e le competenze digitali tali da poter colmare il divario tra la tecnologia e le esigenze delle aziende.

Le tipologie di figure professionali del prossimo futuro saranno caratterizzate da un elevato tasso di innovazione. Rispetto alle recenti (e catastrofiche) previsioni, l’ultimo rapporto del World Economic Forum, “The Future of Job 2018” , indica che, entro poco meno di 4 anni, potremo registrare un saldo netto positivo di 58 milioni di posti di lavoro creati grazie all’intelligenza artificiale e ai robot. Prima conseguenza di questo dato è che le fabbriche, per poter competere nel mercato globale, avranno sempre più bisogno di integrare le alte tecnologie nei loro processi produttivi, sviluppando una cultura del lavoro che attualmente non sembra essere al passo coi tempi e investendo nella formazione innovativa dei giovani, tale da poterli rendere protagonisti del trasferimento tecnologico all’interno delle imprese.

L’industria italiana, infatti, chiamata a recuperare il gap con altri paesi sul fronte dell’innovazione, sta iniziando ad introdurre sempre più progetti basati sull’Internet of Things, soprattutto nei campi legati al controllo dell’avanzamento della produzione (nel 31% dei casi) e alla manutenzione preventiva (nel 28% dei casi). IoT e non solo, perché il futuro richiede che “le cose” possano comunicare e interagire tra di loro, ed anche la diffusione del Job sharing, dei programmi di formazione continua (magari con la creazione di università aziendali), dello sviluppo di piani di carriera alternativi, di nuove e costanti politiche di Welfare aziendale (quali, ad esempio, i benefit medico-sanitari per lo screening e la prevenzione, nuove possibilità di conciliazione lavoro-famiglia etc.

In quest’ottica, i Paesi che adegueranno le skill, le competenze digitali e la mentalità dei lavoratori alle esigenze di industria 4.0 saranno gli unici a poter davvero giocare nel contesto produttivo del domani, rispondendo alla necessità di una formazione continua per stare al passo con i tempi, soprattutto sul fronte dell’innovazione tecnologica. Innovazione tecnologica e competenze digitali, insomma, porteranno a moltiplicare il valore degli asset di un’azienda, incluso il capitale umano.

Se è vero che non è possibile fermare la tecnologia, si deve ricordare anche che le persone sono insostituibili.

Stando alle prospettive indicate da “The Future of Job 2018”, il rapporto del World Economic Forum, Internet of Things, Intelligenza Artificiale , Cloud e Big Data modificheranno modalità e luoghi di lavoro delle persone, senza ridurre il numero dei posti di lavoro. Nell’ottica dei prodotti e dei servizi offerti, è necessario ripensare radicalmente processi e strutture organizzative per far fronte alla pervasività del digitale nella nostra vita quotidiana.

La grande sfida sarà quella di ridurre il gap di innovazione che esiste tra le piccole e le grandi imprese: unire competenze e investimenti tecnologici in nuovi progetti industriali, anche nell’ambito di percorsi di reindustrializzazione, potrebbe senza dubbio essere una delle strade per supportare la crescita e guidare il cambiamento.

Come il reshoring delle imprese può dipendere dalla trasformazione digitale

Il peso che l’industria assume nelle economie dei paesi dell’Unione Europea è stato, a lungo, costantemente in calo. In quasi vent’anni, in molti paesi del vecchio continente si è assistito a una drastica riduzione (nel 2000 in Italia l’industria pesava il 20% sul PIL mentre, nel 2013, faceva registrare il 15,5%) della capacità produttiva e, di conseguenza, della capacità di innovare e creare nuove tecnologie.

Soprattutto tra gli anni Novanta del secolo scorso e i primi anni Duemila, le imprese hanno “smontato” le filiere industriali, spostando la produzione principalmente in Europa dell’Est e nel Sud Est asiatico, là dove il costo del lavoro è più basso. Delocalizzando, attraverso aggressive politiche di offshoring, le imprese hanno ottenuto dei vantaggi da un punto di vista economico e competitivo, con una generalizzata riduzione dei costi operativi e di processo.

Negli ultimi tempi, però, questo trend sembra essersi interrotto o, meglio, sembra aver virato la propria rotta: l’Italia è adesso il primo paese europeo e il secondo al mondo per reshoring delle imprese, ovvero il rientro di aziende nel territorio nazionale. Il fenomeno del reshoring, cresciuto sensibilmente negli ultimi anni, è motivato da tanti fattori, tra cui: sempre minore differenza salariale, crescente necessità di ridurre il time-to-market, elevata incidenza dei costi di management etc. ma l’affermarsi della tecnologia Cloud e delle altre tecnologie 4.0 costituiscono due tra i pilastri più importanti del back-shoring. Molte delle aziende che precedentemente avevano delocalizzato la loro produzione, oggi stanno attuando questa politica di reshoring delle imprese, riportando così quanta più produzione possibile all’interno dei confini, restituendo vigore alle fabbriche e ricostruendo una base industriale.

Indipendentemente da logiche legate a produzioni d’alta gamma o forzatamente “Made in Italy”, uno scenario sempre più dominato dall’e-commerce impone, infatti, che il prodotto sia sempre più su misura e “off-the shelf” con soluzioni distributive flessibili nel segno della capillarità e rapidità; pertanto con prospettive che sempre meno si possono conciliare con i lunghi tempi di delivery imposti da produzioni lontane.

Esistono nuove opportunità per sottrarsi a una lunga stagnazione, aumentare la produttività e migliorare la propria competitività sul piano internazionale:

  • I programmi “sponsorizzati” dalla UE (FESR e TIMBRE), avviati per sostenere azioni innovative per lo sviluppo urbano sostenibile;
  • Le nuove interfacce uomo-macchina, il passaggio dal mondo digitale a quello fisico, la robotica industriale, l’IOT, le stampanti in 3D. Parliamo di solo alcune delle attività e delle tecnologie innovative che vanno sotto il cappello della Industria 4.0 e che potranno impattare con forza sul mondo delle imprese, offrendo agli operatori vantaggi che possiamo, solo in parte, immaginare;
  • La nascita di nuovi modelli di business a consumo, la possibilità di monetizzare i dati o le forme di economia scalabile sono, infine, una ulteriore opportunità per chi opera (o deciderà di tornare ad operare) all’interno dei nostri confini.

Quando parliamo di reshoring delle imprese, allora, possiamo affermare fortemente che uno dei fattori che più di altri ha rafforzato questo processo è stata proprio l’industria 4.0, che con il suo sviluppo sta favorendo la rilocalizzazione delle imprese/industrie europee, quindi anche italiane, offrendo maggiori vantaggi rispetto al passato, sia sotto il profilo delle competenze, sia della vicinanza a centri di ricerca strategici.

Le nuove tecnologie dovrebbero garantire un aumento della domanda di occupati nel settore ICT (amministratori di sistema, programmatori, esperti di sicurezza, etc.) e offrire anche nuove possibilità di reindustrializzazione e di riqualificazione di aree industriali dismesse. In questo contesto, sarà possibile dare nuova vita all’impresa, valorizzando competenze, immobili, impianti e riqualificando persone. La trasformazione digitale, inoltre, avrà un impatto significativo anche su altri mercati verticali come quello dell’assistenza sanitaria, che registra una domanda crescente di soluzioni tecnologicamente avanzate per rispondere alle esigenze e aspettative delle persone.

Entrare in settori produttivi tecnologicamente più avanzati con la riconversione industriale

In una realtà in cui sempre più aziende soffrono una crisi che condanna in primis i lavoratori, urge la necessità di trovare una valida alternativa alla strada degli incentivi e dei salvataggi pubblici. In questa ottica, si prospettano interventi mirati, quali i piani di riconversione industriale capaci di diversificare le attività produttive e di trasformare i profili coinvolti, inserendoli in settori tecnologicamente più avanzati e che possano aprire loro nuove strade e prospettive. Stimolando gli investimenti in nuove tecnologie, come l’Intelligenza Artificiale, e promuovendo iniziative imprenditoriali in grado di supportare l’economia locale e tracciare traiettorie di uno sviluppo sostenibile, infatti, sarà possibile puntare alla riqualificazione e al reimpiego o al reintegro dei lavoratori trovatisi ai margini della filiera produttiva in conseguenza di un momento di crisi.

In Italia il tema relativo alla scarsità degli investimenti in Ricerca e Sviluppo è sempre più attuale

Anche argomenti come quelli della formazione, del coaching o dello sviluppo di digital skills dei lavoratori sembrano essere ancora marginali all’interno delle aziende. Questo perché il nostro paese, tra i leader del pianeta quando si parla di talenti ed eccellenze scientifiche, per via di investimenti destinati ad alimentarne lo sviluppo che restano a dir poco contenuti, non riesce a tradurre in risultati tangibili nel campo di tecnologie innovative i buoni numeri fatti registrare dalla ricerca. Per questo, si rende necessaria un’inversione di tendenza che possa veicolare l’innovazione all’interno dei processi produttivi, posando le fondamenta di imprese nuove e, finalmente, innovative.

Affrontare una crisi aziendale oggi significa sperare in incentivi alle assunzioni e nei continui salvataggi che avvengono grazie agli sforzi pubblici. Lo sviluppo, invece, di piani di riconversione industriale per diversificare le attività produttive e ri-allocare capitali e forza lavoro potrebbe significare il porre le basi per un sistema economico più efficiente e competitivo. Una riconversione che passa attraverso l’introduzione di nuove tecnologie, la trasformazione degli impianti e la formazione delle persone, che dovranno essere sempre più proiettate verso le esigenze dell’industria 4.0.

Puntare sugli investimenti in tecnologie innovative e sulle digital skills dei lavoratori, in modo da facilitarne l’ingresso in settori più tecnologicamente avanzati è un tema centrale nei piani di riconversione industriale. In quest’ottica, si prevede sempre di più la crescita dei siti industriali chiusi e riconvertiti, con l’esigenza di ritagliarsi un nuovo profilo industrialeediventare finalmente agili.