Mondo Vertus
5 novembre 2019 | 6 min di lettura
Un nuovo sguardo sulla crisi di impresa: da criticità a modelli di sviluppo

È possibile trasformare in opportunità le criticità di un’impresa derivanti da dismissioni o delocalizzazioni di impianti?
Vediamo insieme la risposta data dai relatori dell’incontro “Cambiare modello per rigenerare l’impresa”, organizzato da TMA Italia e svoltosi a Milano il 30 ottobre 2019.

La mission di TMA

TMA Italia è la sezione nazionale di TMA – Turnaround Management Association, organizzazione non profit dedicata ai temi delle ristrutturazioni aziendali, che divulga la valenza sociale del risanamento delle imprese condotto in base ad alti standard etici ed efficaci pratiche metodologiche.

L’approccio innovativo di Vertus

La prima relazione dell’incontro è stata affidata ad Alessandro Ielo, founder di Vertus, che ha presentato il panorama italiano delle crisi in atto, distinguendo tra crisi finanziarie e crisi industriali.

In Italia sono più di 200.000 i lavoratori coinvolti da contesti di crisi. Il 60% delle crisi apertesi negli ultimi 3 anni non sono ancora state risolte.

Nei contesti di crisi industriale, l’errore più frequente delle imprese, ha spiegato Ielo, è quello di optare per la chiusura “a freddo”: specie nel caso di multinazionali, la casa madre individua il/i plant da dismettere e ne ordina lo stop, con conseguenti licenziamenti.

Questa modalità traumatica, soprattutto nel nostro Paese, dove i sindacati sono influenti e il contesto normativo è complesso, può portare a serie conseguenze: dal blocco della produzione per gli scioperi ai danni reputazionali che si riverberano su tutta l’azienda.

Vertus propone invece un approccio che, fin dai primi passi, si pone in una prospettiva di rilancio. Partendo dall’analisi delle risorse esistenti – strutture e persone – si punta ad identificare un nuovo business plan proposto da nuovi investitori per riassorbire le maestranze ed aprire nuove nicchie di mercato, facendo leva anche sugli strumenti della finanza agevolata.

Tale genere di approccio in Italia è ancora poco diffuso, anche perché non sostenuto a livello legislativo. In Francia, ad esempio, la grande impresa che voglia avviare una ristrutturazione aziendale deve contestualmente presentare un piano di rilancio.

In realtà il ruolo degli advisor della reindustrializzazione è destinato a crescere di importanza, soprattutto se si considerano i processi di innovazione tecnologica in corso: dalla transizione all’elettrico, che potrebbe mettere a rischio 150.000 posti di lavoro, ai grandi cambiamenti introdotti da Intelligenza Artificiale e Internet of Things. Agli advisor il compito di fare da cerniera tra il modello manifatturiero tradizionale e le nuove tecnologie.

L’anti-fragile set up: dall’incertezza uno strumento di forza

Quando parliamo di andamento dei mercati o di trend produttivi, non possiamo fare a meno di constatarne l’incertezza.

A fronte di tale mutevolezza, fusioni e acquisizioni, attuate per dare vita a nuovi soggetti più solidi, hanno prodotto realtà industriali più grandi ma meno flessibili davanti alle continue richieste di innovazione che lo sviluppo tecnologico impone. Non solo: le grandi organizzazioni aziendali soffrono di un eccessivo accentramento dei processi decisionali e delle responsabilità, con un atteggiamento “top-down” che non coinvolge le strutture periferiche.

Eppure trasformare questo scenario complesso in una fonte di opportunità è possibile, secondo il modello “anti-fragile” del filosofo e matematico Nicholas Taleb.

Ne ha parlato Matteo Bonelli, partner dello studio legale BonelliErede.

Il futuro non si può prevedere e le aziende devono tenerne conto.
L’anti-fragile set up legge l’incertezza e le tensioni che ne derivano come vantaggiose possibilità.

L’anti-fragile mindset chiede all’imprenditore di elaborare preventivamente, coinvolgendo management e dipendenti, un piano alternativo per ogni eventualità che il futuro possa riservare.

Per farlo, vanno messe in luce tutte le risorse presenti, valorizzandole.
Ai manager, in quest’ottica, vanno affidate maggiori responsabilità e autonomia decisionale, per aumentarne la motivazione e renderli disposti a mettersi in gioco in caso di cambiamenti.

La parola d’ordine è essere “lean”. E l’agilità, l’adattabilità dell’impresa passano anche da un maggior utilizzo dell’outsourcing.

Dalla dismissione di un plant al rilancio

Il case study aziendale di una dismissione trasformatasi in un goal è stato raccontato da Francesco Conti, Congress e Regulatory Director di Medtronic, multinazionale per la produzione di device medicali.
Dopo una serie di acquisizioni, all’azienda si imponeva una razionalizzazione degli impianti.

Dall’headquarter negli Usa era giunta la decisione di chiudere un plant in Italia, chiusura da attuare in un preciso lasso di tempo e senza superare un determinato budget in base alle pressioni degli investitori.

Tale atteggiamento “top-down” ha portato a una serie di prevedibili reazioni.
Immediate sono state le prese di posizione contrarie di sindacati e del Governo: alcuni ministri sono scesi in piazza a sostegno delle proteste dei lavoratori.

Da questa fase di tensione si è potuti uscire avviando una procedura che ha coinvolto tutti gli stakeholder.

Per farlo Medtronic ha scelto la consulenza di Vertus: è stato così costituito un team composto da azienda, sindacati, esperti giuslavoristi e consulenti per la reindustrializzazione, team che è riuscito a tracciare un percorso positivo di uscita dalla crisi.

Prevenire per affrontare il cambiamento e trasformarlo in risorsa

Il dialogo con le parti sociali, il coinvolgimento di management e dipendenti sono gli ingredienti della ricetta che può consentire a un’azienda di affrontare un cambiamento minimizzandone la traumaticità.

Gabriele Ghinelli, founder e Ceo di OrgPortunity, ha rilevato come la paura (del futuro, delle novità, delle sfide dei mercati) spesso irrigidisca imprenditori e management, impedendo all’azienda di modellarsi per continuare a essere competitiva.
Tutte le competenze e le capacità vanno valorizzate attraverso un’adeguata politica di talent management, che distribuisca le responsabilità in un vero gioco di squadra.

Ghinelli ha poi sottolineato come mantenere rapporti costanti con sindacati e parti sociali, anche in periodi di normale attività, ponga le basi per affrontare con il confronto eventuali trasformazioni.

Cristiano Pechy, Country Manager e Ceo di Lee Hecht Harrison, ha posto l’accento sulla prevenzione delle crisi.
La digitalizzazione ha accorciato il life circle delle professioni: la tecnologia si evolve continuamente, le specializzazioni invecchiano velocemente e ne nascono di nuove.

Purtroppo in Italia nel settore industriale si presta insufficiente attenzione all’aggiornamento di procedure e personale e anche i dipendenti sono poco disponibili alla riqualificazione. Così i tassi di employability sono molto bassi e ostacolano eventuali ricollocamenti.

Solo un maggior engagement delle risorse umane e un’accresciuta corresponsabilità dei manager (ritornando alla necessità di un accurato talent management) renderanno i dipendenti aperti alle trasformazioni. Con tali premesse i cambiamenti, anche rilevanti, potranno essere positivamente affrontati.

Qual è dunque il ritratto dell’impresa anti-fragile emerso dai contributi dei relatori? Un’impresa snella, aperta all’innovazione, che decentra le responsabilità ed esternalizza servizi, che pensa di avere nel futuro più strade da percorrere e ne traccia le tappe.


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