Mondo Vertus
4 febbraio 2019 | 3 min di lettura
Reskilling: come ri-qualificare il lavoratore per gestire al meglio il cambiamento in ambito industriale

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha stimato che negli ultimi 20 anni l’80% delle professioni è cambiato ed è probabile che nei prossimi 20 anni l’80% delle professioni cambierà ancora.
In uno scenario sempre più caratterizzato dalla trasformazione (o, purtroppo, dalla chiusura) degli impianti industriali, una delle sfide più avvincenti per le aziende è quella di progettare interventi per favorire l’inserimento dei lavoratori all’interno di contesti nuovi, sempre più spesso caratterizzati dalla forte influenza dell’innovazione tecnologica.

Riqualificazione, formazione costante, pensiero allo sviluppo di competenze nell’approccio alle nuove tecnologie sono temi scottanti per gli stakeholders. Il fatto che il futuro del lavoro passi dal reskilling è, oramai, un dato di fatto e per questo sempre più aziende prevedono piani di formazione permanente per i loro lavoratori, anche coinvolgendoli attivamente, al fine di evitare l’obsolescenza delle competenze (soprattutto tra i soggetti più maturi) che non possono rimanere ferme per anni. Si inseriscono in questo contesto anche le azioni di reverse mentoring, vale a dire lo scambio di conoscenze tra profili junior e senior volti al recupero/rinforzo della motivazione oppure all’apprendimento di nuove modalità operative finalizzate alla flessibilità organizzativa. Tutto per offrire al lavoratore la possibilità di aggiornare le proprie competenze e per aiutarlo a rimanere impiegabile in un mondo che è cambiato e sta cambiando sempre più velocemente.

Se per ragioni organizzative, durante i processi di crisi, di reindustrializzazionee di sviluppo, è diventata consuetudine diffusa che un lavoratore (sia esso un dirigente o un impiegato) possa ricevere la notizia della messa in mobilità, in piena digital revolution si è iniziato a guardare alla professionalità come ad un contesto in movimento. Entro il 2035 si stima che le nuove tecnologie permetteranno la creazione di 10 milioni di nuovi impieghi. Nasce da qui l’esigenza, per le aziende, di trovare tempo e soluzioni per facilitare la formazione continua. Allo stesso modo, emerge il bisogno per queste aziende di essere supportate nelle delicate fasi del reskilling del personale, al fine di ridefinire processi e funzioni aziendali e creare nuovi framework comportamentali richiesti dall’implementazione di nuovi macchinari e strumenti innovativi.

Gli interventi mirati al reskilling e alla integrazione delle competenze dei lavoratori devono servire a limitare i rischi di diffusione dello skill gap, della disuguaglianza crescente e della maggiore polarizzazione del mercato del lavoro. Per stare al passo con i tempi, soprattutto sul fronte dell’innovazione tecnologica, serve una formazione continua che renda i lavoratori ancora appetibili sul mercato del lavoro nonostante il mutare delle professioni. È da qui che si deve ripartire, costruendo percorsi di acquisizione di competenze digitali specializzate che aiutino le persone ad esprimere le proprie potenzialità professionali ed a rientrare nel mondo del lavoro attraverso la creazione di competenze nuove che possano permettere di aderire alle strategie di innovazione delle imprese.


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